Cogliere le immagini o meditare la Parola?

Nel 1964, Marshall McLuhan dava alle stampe la sua articolata riflessione riguardo all’essenza e agli effetti delle diverse forme di comunicazione umana sulla società moderna. Da qui scaturì l’affermazione che “il medium è il messaggio1: i vari strumenti della comunicazione non sono semplici “versioni diverse” dello stesso concetto, ma creano implicitamente una modalità di ricezione del messaggio. Si cominciò a capire che un medium non è solo uno strumento asservito alla volontà di chi comunica, ma che ci sono delle sue caratteristiche che governano altri aspetti del processo comunicativo e uniscono al messaggio vero e proprio il “carattere” specifico del medium stesso. 

Il cristiano e la visual culture

Nella sua disamina, McLuhan sollevava il problema dell’ascesa della “tecnologia elettrica” e della progressiva preferenza per la “parola parlata” a scapito di quella “scritta”2. Oggi, non solo tale timore è superato, ma la cultura della “parola parlata” è divenuta la cultura dell’immagine. Essa ha trovato una sua definitiva dignità epistemologica, e il discorso accademico (così come quello fuori dalle aule) usa con disinvoltura questo concetto.

Ma perché i cristiani dovrebbero interessarsi questo genere di dibattito? Che cosa potremmo mai voler aggiungere alle variegate riflessioni sui media già pubblicate?

Il cristiano, semplicemente, coglie l’opportunità del tema, e lo fa non tanto per esprimere le proprie conoscenze in materia o le proprie preferenze, ma piuttosto per proclamare, anche in questo ambito, la propria più sentita priorità etica. 

Il credo del cristiano si lega in maniera molto speciale al medium alfabetico: il medium parola è il medium per antonomasia. Nell’era della visual culture, il cristiano vorrà sempre ricordare che non è necessariamente vero che tutta la «nostra vita ha luogo sullo schermo»3. Insomma, che tale medium non dobbiamo subirlo, né tantomeno evitarlo. Lungi dal disconoscere il valore comunicativo dell’immagine e, nello specifico, «l’elemento fondamentale che rende tutte le immagini visive diverse dai testi, vale a dire la loro immediatezza sensoriale»4, ci preme maggiormente ribadire un diritto alla scelta, culturalmente informata ma anche volutamente controcorrente. Nella post modernità, dominata dalla visualità capitalista, il cristiano si farà “obiettore di coscienza”, difendendo la propria convinzione morale che ogni forma di comunicazione necessita di essere sottoposta al vaglio della Parola.
Perché il cristiano avrà letto con grande interesse le riflessioni di McLuahn e avrà trovato fra le sue righe forti eco della storia dell’umanità e della nostra specie che comunica diversamente rispetto a tutti gli esseri viventi, così come già da millenni presentate nelle Sacre Scritture.

 

Un  medium insostituibile…

Ovviamente, questa ampia riflessione ha bisogno di un più specifico restringimento di prospettiva.

Bisogna premettere che i cristiani comunicano, nel contesto della postmodernità, alla stessa maniera di tutti i loro contemporanei: twittano, producono podcast, postano su Instagram e Facebook, seguono le serie tv di Netflix, eccetera. Persino il loro credo e il loro messaggio di speranza (il vangelo) viaggiano deliberatamente sui canali più disparati. Ma ciò che lo distingue è il suo programmatico ritorno costante alla parola scritta, perché crede che essa sia il medium della rivelazione divina. 

…perché scelto dal Creatore

La parola è il medium che è stato scelto, che sopravvive ancora ai millenni e ai bisogni più impellenti di epoche diverse, ed esistito prima del “sempre” umanamente pensabile. Un medium  che il Creatore conosce e ha voluto, con una consapevolezza ancor più piena di quella degli studiosi della comunicazione, per essere il canale del suo messaggio: ha scelto proprio il medium parola per rivelarsi. 

Al cristiano non importa nulla di affermare che il libro sia meglio del film, o che la carta stampata sia meglio degli ebook, o che i libri di testo non potranno mai essere sostituiti dai tablet, o che la digitalizzazione sia stata la rovina della burocrazia…piuttosto, il suo stretto rapporto con la Parola si colloca fra le questioni di vita o di morte. 

Ma cosa intendiamo esattamente? 

Che cosa sarebbe questa “Parola rivelata”?

Il concetto di parola di cui scriviamo si radica nel contesto sacro e storico-letterario giudaico, quello delle “dieci parole” rivelate sul monte Sinai – per intenderci – ma che si estende nei secoli fino agli scritti della prima chiesa, abbracciando al suo interno narrativa, poesia, racconto storico, canzoni e sermoni profetici. La parola cristianamente intesa, le “sacre scritture”,  indicano per i cristiani un ventaglio di letteratura ben più ampio dei soli quattro evangelisti.

Ma il concetto va persino oltre. La parola è vera e propria Identità Divina, è l’espressione che precede l’umanità e la nascita del suo linguaggio, ma che “sceglie” di prendere la forma di quel linguaggio, anzi, di quel medium, per dialogare con quella umanità.

 

La Parola: Scrittura…

Il cristiano si chiede spesso come si possa trasmettere, in maniera fedele alle proprie convinzioni e rispettosa del prossimo, ciò che più gli sta a cuore di questo medium a chi non abbia mai avuto a che fare con la Parola Rivelata (o ad essa non creda affatto!). Presentare il medium “parola scritta” come entità sociologica non rende conto del senso che esso ha a livello filosofico e morale. Gli strumenti della riflessione accademica gli sono utili, ma insufficienti a far davvero cogliere ciò che egli ritiene necessario. È un po’ come lo scultore che voglia spiegare il senso dell’arte che lo appassiona e gli riempie la vita: lo farà attingendo a materiali documentari e critici, ma rimarrà nel suo cuore il profondo desiderio, per essere davvero compreso, di poter mostrare la fonte concreta della sua ispirazione – sia essa una possente scultura michelangiolesca o un levigato volume brancusiano. 

Ciò che potrà fare la differenza sarà solo la personale esperienza di valutazione e “incontro materiale” col medium.

Così vale per il cristiano, che nulla può se non invitare altri a seguirlo nel suo tentativo di esplicazione, ad esplorare con lui  alcune espressioni chiave del medium in questione.

Nelle scritture ebraiche, il nostro Vecchio Testamento, troviamo queste parole: 

 

«4 Ascolta, Israele: Il SIGNORE, il nostro Dio, è l’unico SIGNORE. 5 Tu amerai dunque il SIGNORE, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze. 6 Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; 7 li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. 8 Te li legherai alla mano come un segno, te li metterai sulla fronte in mezzo agli occhi 9 e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle porte della tua città.»5.

 

Ecco il nostro medium, la parola “da scrivere” ma anche da tenere in cuore, inculcare e parlare, che domina la vita di un popolo su comando del suo Dio. La parola veicola “comandamenti” che esprimono amore esclusivo per il divino Signore. La parola è memoria, promemoria, trasmissione, segno distintivo, presenza giornaliera, contrassegno familiare ed etnico.

Il testo è ovviamente antico, collocato su un background storico specifico, e ciò potrebbe far sentire legittimati a circoscriverlo ad una tradizione ormai superata. È proprio questa, invece, la parola a cui i cristiani (e non solo i giudei) guardano per ricordarne la centralità nella propria vita di fede.

Ciò che qui osserviamo vale forse in egual maniera per molti scritti sacri e per molte cosiddette fedi.

….e Persona

Ma ciò che desideriamo sottolineare è il legame inscindibile del cristianesimo con un medium che non è solo parola, ma anche Parola.

Il medium, insomma, si manifesta come Persona.

 

«1 Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. 2 Essa era nel principio con Dio. 3 Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta. 4 In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini. 5 La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno sopraffatta.»6.

 

A questo punto, il medium alfabetico non è più solo veicolo della legge, è esso stesso Legge, Dio, Creatore, potere, eternità, Luce: luogo di incontro tra l’indicibile e l’umanità.
Non è dunque il medium autoprodotto dallo sviluppo della civiltà, ma è un medium scelto per la rivelazione dei misteri dell’universo e della vita. Un medium scelto che deriva dalla Persona ma non ne limita l’essenza, perché la rappresenta esclusivamente nella sua emanazione scritta7.

 

E quando ciò accade, la pratica della fede non può banalmente pensarsi “figlia del suo tempo” e legarsi ai media che, con l’avvento della visual culture, siano più usati o più accessibili e “immediati”. Non c’è preferenza comunicativa che regga di fronte alla priorità morale di un cristiano. Egli sarà prioritariamente devoto all’autorità della Parola. Essa sarà per lui il medium di riferimento, luogo di rifugio, di meditazione, di rivalutazione della direzione dell’esistenza. La Parola ha portato luce nelle sue tenebre e nessun altro medium potrà sopraffarla. Né potrà sostituirla, pur con tutti i suoi indiscutibili valori “altri” di immediatezza. Quest’ultima “dote postmoderna”, peraltro, diventa un carattere controproducente rispetto agli obiettivi del cristiano. Quando questi si confronta con la Parola, prende tempo, quotidianamente, e medita, si “specchia”, viene istruito, ripreso, modellato, formato per vivere stabile e gioioso8.

 

Più che un medium

Ecco perché, in una riflessione come questa, che si muove a cavallo di due ambiti del pensiero interessati alle medesime figure del discorso, il cristiano scriverà della sua profonda passione per la Parola: non solo messaggio, non solo medium umano, non solo libro sacro, ma bensì rivelazione di un Dio perfetto data a uomini imperfetti tramite un canale che possano comprendere. Che possano anzi, specificamente, studiare e meditare sì, in un processo della coscienza diametralmente opposto a quello dell’immediatezza percettiva favorito dai media più moderni. Perché il suo Autore ha scelto di essere conosciuto con una graduale esperienza9 e non “immediatamente colto”.

E il cristiano lo farà, proprio come lo scultore, sperando che in altri sorga il desiderio di meglio conoscere, per esperienza personale, “il sublime”, la Persona, che ispira la sua vita e la sua identità: la Parola, scritta prima e poi incarnata.

 

SDC

 

1. «[Il linguaggio] è l’estensione dell’uomo nella parola che permette all’intelletto di staccarsi da una realtà assai più ampia. Senza il linguaggio, sostiene Bergson, l’intelligenza umana sarebbe rimasta totalmente coinvolta negli oggetti sottoposti alla sua attenzione. Il linguaggio fa insomma per l’intelligenza ciò che la ruota fa per i piedi o per il corpo: permette agli uomini di spostarsi da una cosa all’altra con maggiore facilità, maggiore disinvoltura e sempre minore partecipazione. Estende ed amplifica l’uomo, insomma, ma ne separa anche le facoltà. La sua coscienza collettiva o la sua consapevolezza intuitiva sono diminuite da quell’estensione tecnica della coscienza che è il discorso… è sempre stato considerato la più ricca forma d’arte dell’uomo, ciò che lo distingue dal mondo animale» M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, pag. 89, il Saggiatore, Milano, 2008. Prima edizione 1967.

2. «È vero che oggi si scrive, si stampa e si legge assai più che in qualsiasi altra epoca, ma c’è anche una nuova tecnologia elettrica che minaccia questa antica tecnologia fondata sull’alfabeto fonetico. A causa della sua azione nell’estendere il nostro sistema nervoso centrale, la tecnologia elettrica sembra favorire la parola parlata, inclusiva e partecipe, a scapito di quella scritta, tipicamente specialistica. I valori occidentali, che poggiano sulla parola scritta, sono già stati parecchio scossi da media elettrici come la radio, il telefono e la tv. Forse è per questo che oggi molte persone a un alto livello d’alfabetismo trovano difficile affrontare questo problema senza lasciarsi prendere da una sorta di panico morale […] … l’alfabeto fu la tecnologia che servì a creare l’ “uomo civilizzato”, gli individui separati ma uguali davanti a un codice di leggi scritte». Ibidem, pag. 91.

3. Nicholas Mirzoeff, Introduzione alla cultura visuale, pag.27, Meltemi, Roma, 2007.

4. Ibidem, pag.48.

5. Deuteronomio 6:4-8, La Bibbia, Nuova riveduta 2006.

6. Vangelo di Giovanni, 1:1-4, La Bibbia, Nuova Riveduta 2006.

7. Molto più ampia sarebbe naturalmente la disamina teologica della Parola quale Persona, mantenendo come riferimento la chiara disamina biblica che prosegue nei sopracitati versi attribuiti all’Evangelista Giovanni, ma anche l’elaborazione del concetto di Immagine del Dio invisibile citata dall’Apostolo Paolo da Tarso nella Epistola ai Colossesi, 1:15 e segg., e nella anonima Epistola agli Ebrei, 1:1-3. Rimane qui centrale l’intento di riportare la comprensione cristiana dell’identità del Figlio di Dio quale Parola creatrice.

8. «Gioisco seguendo le tue testimonianze, come se possedessi tutte le ricchezze… Le tue testimonianze sono la mia gioia» Salmo 119:14, 24.

9. Romani 12:2, La Bibbia, Nuova Riveduta 2006.

Info

Ascolta l’ultima predicazione

Vieni a conoscerci

PAGINE UTILI

VIENI A CONOSCERCI

ASCOLTA L’ULTIMA PREDICAZIONE

inCroci | Ultimi blog online

Articoli correlati

Inizia a scrivere il termine ricerca qua sopra e premi invio per iniziare la ricerca. Premi ESC per annullare.